Donata Feroldi (Cremona 1961), traduttrice e lessicografa, dopo la laurea in Filosofia teoretica all’Università Statale di Milano e il Diploma biennale presso la SETL (Scuola Europea di Traduzione Letteraria) di Torino, entra nella redazione del mensile "Poesia" e inizia a collaborare con varie case editrici traducendo testi di Paul Morand, Pierre Drieu La Rochelle, Guy Debord, Victor Hugo, Émile Zola, Théophile Gautier, Marguerite Duras, Yves Bonnefoy, Marcel Proust, Marguerite Porète e Stendhal. È stata caporedattrice di "Testo a fronte", consulente letteraria della rivista francese "Arsenal littératures", membro del comitato di redazione di "Informazione filosofica" e de "il gallo silvestre", corrispondente per l’Italia di "Études céliniennes". È autrice, insieme a Elena Dal Pra, del Dizionario Analogico della Lingua Italiana (Zanichelli 2011). Ha conseguito il Dottorato di ricerca in Letterature Comparate presso l’Università di Siena, con cui continua a collaborare in qualità di cultrice della materia ed è stata docente presso il Master in Culture Simboliche dell’Università Bicocca di Milano. Il suo saggio La chiave della Porta Rossa (peQuod 2008) è una ricognizione della dimensione simbolica di Notre-Dame de Paris di Victor Hugo. Suoi contributi sulla teoria della traduzione e su autori italiani e stranieri sono presenti in riviste e volumi collettanei. Attualmente è impegnata nella resa italiana del William Shakespeare di Victor Hugo.


La teoria della traduzione di Victor Hugo: scintille di futuro nel passato.

Negli annessi al William Shakespeare, Victor Hugo delinea una originale teoria della traduzione che precorre le formulazioni novecentesche di Benjamin e Meschonnic. Il seminario si propone di illustrarne le prospettive e analizzarne i punti salienti, estremamente significativi soprattutto alla luce del dibattito contemporaneo: la dialettica tra assimilazione e straniamento, la dimensione storica e graduale delle traduzioni, la pratica del tradurre come arricchimento della lingua e della letteratura ospite e come elemento fondamentale per la vita degli idiomi in grado di impedirne l’ossificazione, la questione dello stile e dell’unità dell’opera, la traduzione come corpo a corpo e la parola come azione. Sono queste alcune delle suggestioni contenute nelle pagine preparatorie e collaterali al grande saggio hugoliano sul drammaturgo inglese, nato come prefazione alla traduzione francese dell’Opera omnia di Shakespeare e cresciuto fino ad assumere le proporzioni di una riflessione autonoma sulla letteratura nel suo complesso.